Un progetto che valorizza il territorio
C’è un modo discreto ma efficace per capire come sta l’ambiente: osservare le api. Da questa intuizione nasce “Buon miele non mente”, il progetto di biomonitoraggio che unisce biodiversità e qualità ambientale.
L’obiettivo scientifico è chiaro: valutare la qualità ambientale delle aree agricole, analizzando le api e i prodotti dell’alveare come indicatori biologici.
Questa osservazione permette di misurare l’impatto antropico, cioè l’insieme delle modifiche che le attività umane possono esercitare sull’ambiente e di intervenire in modo mirato per migliorare la salute degli ecosistemi, favorendo una convivenza più equilibrata tra uomo e natura.
Il progetto, avviato nel 2024 e di durata triennale, coinvolge tre stazioni di monitoraggio presso gli allevamenti di: Cannuccia (Jesi), Vaccarile (Ostra) e Putido di Fabriano, ognuna con 24 arnie dedicate. Nel 2025 il progetto si è ampliato con l’aggiunta di tre nuove postazioni situate a Falconara Marittima, Monteroberto e Jesi (località Montecappone).
Le api, allevate in contesti dove si adotta il metodo di agricoltura biologica e seguite dall’apicoltore esperto Giorgio Poeta, raccolgono ogni giorno minuscoli campioni di ambiente, trasformandosi in strumenti viventi di analisi.
Ma Buon miele non mente non è solo scienza. Parte del miele prodotto viene periodicamente destinato al microbiscottificio Frolla, cooperativa sociale marchigiana che promuove l’inserimento lavorativo di persone con disabilità. Un progetto che intreccia ricerca, territorio e inclusione sociale.
Le api

Le api svolgono un ruolo fondamentale per l’equilibrio degli ecosistemi. Con la loro attività di impollinazione permettono la riproduzione di migliaia di specie vegetali e garantiscono la diversità alimentare che sostiene interi sistemi naturali. Circa un terzo delle colture destinate al consumo umano dipende direttamente dal loro lavoro quotidiano, che assicura frutta, verdura, semi e foraggi per gli animali da allevamento.
La loro importanza non si limita alla produzione agricola: le api contribuiscono al mantenimento della biodiversità naturale, favorendo la rigenerazione delle piante spontanee e preservando l’equilibrio tra specie selvatiche e coltivate. Ogni passaggio da un fiore all’altro sostiene la vita delle piante e il legame costante tra agricoltura e ambiente.
Negli ultimi decenni, tuttavia, la loro sopravvivenza è minacciata da fattori come i cambiamenti climatici, l’uso improprio di pesticidi e la riduzione degli habitat naturali. Per questo motivo diventa essenziale tutelarle e studiare in modo più approfondito la loro relazione con il territorio.
In quest’ottica, Buon miele non mente utilizza le api anche come strumento di osservazione scientifica. Secondo la ricerca di Celli (1992), un bioindicatore è un organismo che reagisce in modo misurabile ai cambiamenti dell’ambiente in cui vive, principio che nel caso delle api trova un’applicazione concreta negli alveari.
Nel polline raccolto dalle api e nel miele da loro prodotto restano tracce delle sostanze presenti nell’ambiente fino a eventuali residui indesiderati. Ogni alveare esplora un’area di circa 7 chilometri quadrati, visitando quotidianamente prati, siepi e colture, arrivando a compiere fino a 10 milioni di microprelievi al giorno.
Un insieme di dati naturali che restituisce una mappa invisibile ma estremamente accurata dello stato di salute del territorio.
Le api come sentinelle dell’ambiente
Nel progetto, le api vengono utilizzate come sentinelle dell’ambiente, capaci di fornire una fotografia concreta e aggiornata della qualità ecologica delle aree circostanti.
Attraverso l’analisi di miele, polline e campioni delle stesse api, è possibile identificare la biodiversità vegetale del territorio e verificare l’eventuale presenza di sostanze chimiche o metalli indesiderati. Un approccio che permette di osservare la natura attraverso la natura stessa, unendo rigore scientifico e metodo naturale.
Questo metodo consente di cogliere in modo oggettivo le interazioni tra agricoltura, allevamenti e ambiente, offrendo dati affidabili che confermano come la presenza delle attività produttive Fileni si integri in modo equilibrato nel paesaggio.
Dal polline ai dati: le fasi del monitoraggio
Ogni stazione di biomonitoraggio ospita 24 alveari di pari forza, sottoposti a controlli regolari sullo stato di salute delle colonie. Le visite comprendono la valutazione dell’attività delle bottinatrici (le api che raccolgono nettare e polline), il controllo dei telaini di covata (le strutture dell’alveare dove si sviluppano le larve), la verifica della presenza di miele e polline, di eventuali celle reali e di possibili patologie, insieme al monitoraggio degli interventi preventivi.
I campionamenti vengono effettuati secondo procedure operative definite con il supporto tecnico dell’esperto apicoltore Giorgio Poeta. Per il miele, vengono prelevati circa 250 grammi per arnia, analizzati successivamente per determinarne l’origine botanica e verificare la presenza di residui. Per il polline, i raccoglitori vengono installati ogni dieci giorni per cinque giorni consecutivi, ottenendo campioni di circa 120 grammi per stazione ogni 15 giorni. Le api sono controllate con frequenza settimanale, sia per gli aspetti sanitari sia per il conteggio delle api morte. In caso di superamento della soglia critica di mortalità, fissata in 2.400 api per settimana e per stazione, vengono effettuati prelievi di campioni successivamente conservati e inviati ai laboratori per individuare l’eventuale principio attivo responsabile della loro morte e analizzare i pollini presenti sul corpo delle api, così da identificare le colture potenzialmente interessate.
Le analisi di laboratorio: i primi risultati
Le analisi condotte sui campioni raccolti comprendono esami melissopalinologici, per determinare la provenienza botanica del miele, ed esami palinologici, per censire la varietà di pollini e la biodiversità vegetale del territorio.
Le analisi multiresiduali, svolte su 204 principi attivi nel miele e 611 nel polline, non hanno rilevato residui chimici di sintesi nei campioni esaminati.
L’analisi delle ceneri ha permesso di valutare la concentrazione di metalli pesanti – cadmio, cromo, nichel e piombo – con risultati rientranti nel range di quelli riportati in letteratura per aree agricole non industrializzate:
Cadmio 0,025–0,08 mg/kg, Cromo 0,13–0,23 mg/kg, Nichel 0,072–0,21 mg/kg, Piombo 0,3–0,75 mg/kg.
Le analisi palinologiche hanno evidenziato una biodiversità ampia e bilanciata, tipica delle aree agrarie multifunzionali, indicando che, nei dati raccolti finora, non emergono effetti negativi riconducibili alla presenza degli allevamenti sull’ecosistema circostante.
Dal 2024 il progetto si è inoltre arricchito, per quanto riguarda l’apiario di Cannuccia, dell’integrazione tecnologica di 3Bee: sensori Spectrum per il monitoraggio bioacustico, dispositivi Hive-Tech per la rilevazione di peso, temperatura e umidità dell’alveare e il sistema satellitare Flora, sviluppato con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Tutti i dati confluiscono nella piattaforma digitale Element-E, dove vengono analizzati per restituire un quadro complessivo della salute.
I dati raccolti dai sensori 3Bee nel 2024 hanno mostrato andamenti regolari di temperatura, umidità e peso degli alveari, senza variazioni anomale, a conferma della stabilità ambientale del sito monitorate.
Cosa hanno rivelato le api finora
Le analisi condotte nei tre siti – Cannuccia (Jesi), Vaccarile (Ostra) e Putido di Fabriano – restituiscono un quadro coerente e positivo della qualità ambientale.
La biodiversità vegetale rilevata è ampia e bilanciata, con una prevalenza di specie erbacee come trifoglio, erba medica, girasole e rovo, indicatori di un ecosistema stabile e diversificato. Oltre alla varietà delle specie, è stata valutata anche la biodiversità qualitativa: a Vaccarile e Cannuccia è emersa una prevalenza di pollini provenienti da colture agricole, mentre a Fabriano si osserva un equilibrio più marcato tra specie coltivate e spontanee, segno di un ecosistema diversificato e stabile.
La produzione media di miele per arnia si attesta intorno ai 10 chilogrammi, un valore influenzato dalle condizioni meteorologiche della stagione – in particolare dalle piogge abbondanti e dalle temperature inferiori alla media fino a giugno.
Le analisi multiresiduali sui campioni di miele e polline non hanno rilevato residui chimici di sintesi, mentre i livelli di metalli pesanti (cadmio, cromo, nichel e piombo) risultano ampiamente inferiori ai valori riportati in letteratura per aree agricole non industrializzate.
Nel complesso, i risultati confermano una condizione ambientale stabile e la coesistenza equilibrata tra attività produttive e sistemi naturali, evidenziando come le pratiche agricole e zootecniche adottate possano contribuire al mantenimento della biodiversità locale.
Una sinergia che crea valore
I risultati ottenuti sono la base per pianificare nuove azioni di tutela e rigenerazione ambientale. Le informazioni raccolte dalle api non sono un punto d’arrivo. Sono l’inizio di un percorso di miglioramento continuo.
Dal 2025 sono state avviate nuove azioni agronomiche rigenerative: inerbimento con piante nettarifere riseminanti (colza, sulla, trifoglio, phacelia), trinciatura post-fioritura, creazione di bordi a maggese per favorire insetti impollinatori e specie vegetali spontanee.
Buon miele non mente dimostra che scienza e natura possono collaborare. Le api dialogano con il territorio, la tecnologia interpreta i loro segnali, l’agricoltura trova nuovi modi di convivere con l’ambiente.
C’è poi una dimensione sociale. Il miele prodotto e le uova Fileni Bio vengono trasformati dal microbiscottificio Frolla in dolci che raccontano, a modo loro, la stessa storia di cura e rispetto.
Un esempio concreto di approccio “nature positive”: la sostenibilità non come obiettivo astratto, ma come modo di lavorare condiviso tra ricerca, territorio e comunità.